Non è poesia

Carissimi, oggi ho per voi la recensione di “Non è poesia”, di Erika B. Riot

Titolo: Non è poesia

Autore: Erika B. Riot

TRAMA

La schizofrenia, decisamente, non è poesia. È prima di tutto incomprensione reciproca. Il soggetto schizofrenico non riesce a comprendere il mondo esterno utilizzando chiavi di lettura comunemente condivise, mentre le persone che si relazionano con lui faticano ad entrare nei suoi schemi mentali, a capire come comunicare all’interno di un contesto spesso impenetrabile. A maggior ragione quando lo schizofrenico non sa di essere malato: si trova quindi a soffrire per la mancanza di empatia da parte di chi lo circonda e imparerà presto a identificare come nemici coloro che non partecipano alla sua allucinazione.
‘Non è poesia’ è un viaggio attraverso l’esperienza di Erika, una bambina che si trova suo malgrado ad essere l’unica caregiver della mamma, la quale soffre di schizofrenia paranoide e a causa della sua patologia tende ad isolarsi e ad allontanare in malo modo chiunque provi ad entrare in contatto con lei. Di conseguenza, anche Erika è costretta a confinarsi entro le mura di casa, a limitare al minimo i rapporti con estranei e familiari. Prova più volte a chiedere aiuto, ma sembra che nessuno voglia riconoscere la patologia. La parola “schizofrenia” fa ancora paura e il risultato di una sottostima del problema è spesso un’escalation di violenza. Allo stato attuale, inoltre, non c’è modo di obbligare una persona non consapevole della propria malattia a curarsi.

“Non è poesia” è un libro che ho letto con enorme piacere e mi ha lasciato qualcosa dentro, un senso di inadeguatezza ma anche un senso di tranquillità. Questa è la storia di Erika, una bambina, una donna, un’anima. È un racconto in prima persona, un’analisi approfondita di un’infanzia difficile, alle prese con una madre affetta da una malattia psichiatrica e una situazione familiare non del tuo rosea, anzi, travagliata e tormentata. La piccola Erika vive una situazione familiare opprimente, è intrappolata in una tela nera, è su di lei che si ripercuote l’assenza di normalità che regna all’interno della sua casa. E tutto questo si proietta negli anni successivi, soprattutto nella sua adolescenza. “Non è poesia” è un resoconto di una vita… Toccante. È un libro schietto, sincero, in grado di entrarti dentro. Traspare tanta rabbia, tanta incomprensione ma anche tanta dolcezza e innocenza. Aspetti fondamentali sono l’accettazione di sé stessi e degli altri, comprendere i propri limiti, saper essere obiettivi e riuscire a trovare un equilibrio.

Vi consiglio vivamente questa lettura, è una lezione di vita importante.

L’AUTORE

Laureata in Psicologia nel 2011, Erika B. Riot racconta con il suo romanzo d’esordio “Non è poesia” la sua esperienza dolorosa all’interno di una famiglia disfunzionale. “Non è poesia” è quindi un viaggio attraverso l’esperienza di Erika, una bambina che si trova suo malgrado ad essere l’unica caregiver della mamma, la quale soffre di schizofrenia paranoide e a causa della sua patologia tende ad isolarsi e ad allontanare in malo modo chiunque provi ad entrare in contatto con lei. Di conseguenza, anche Erika è costretta a confinarsi entro le mura di casa, a limitare al minimo i rapporti con estranei e familiari. Prova più volte a chiedere aiuto, ma sembra che nessuno voglia riconoscere la patologia. La parola “schizofrenia” fa ancora paura e il risultato di una sottostima del problema è spesso un’escalation di violenza. Allo stato attuale, inoltre, non c’è modo di obbligare una persona non consapevole della propria malattia a curarsi. L’intento è quello di attirare l’attenzione su di un tema spesso dimenticato o ignorato come quello della malattia mentale. La bozza del libro, il primo “scheletro” dell’elaborazione, è stata scritta in un momento in cui, dopo tanto tempo, è tornato il terrore di affrontare di nuovo lo stesso incubo che ha vissuto per ventuno anni: a seguito dell’ennesima crisi psicotica della madre, durante la quale è venuta a cercarla a casa sua ed in banca, Erika si è trovata a guardare negli occhi ancora una volta la paura di non farcela, di non riuscire ad ottenere per sé stessa e per sua madre l’aiuto di cui hanno bisogno. Scrivendo questo libro, ha poi pensato che la sua esperienza potesse essere utile a qualcuno. Se anche solo una persona, dopo aver letto il libro, si convincerà a chiedere un consulto specialistico o se anche un solo parente riuscirà a sentirsi meno solo, Erika avrà vinto.

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– Lilith Hendrix

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