L’ultimo rintocco

Oggi vi recensisco il mio genere preferito, il libro “L’ultimo rintocco”, un thriller di Diego Pitea.

Autore: Diego Pitea

Titolo: L’ultimo rintocco

Editore: goWare

Numero pagine: 424

Genere: thriller psicologico

Protagonista: Richard Dale, psicologo Asperger con la passione per la liquirizia e gli scacchi

Personaggi principali: Doriana Guerrera, profiler U.A.C.V., Marani commissario U.A.C.V.

Ambientazione: Roma giorni nostri

TRAMA

“L’essenza del male ha preso forma umana”. È questo che pensa Richard Dale, psicologo e criminologo, entrando nella camera da letto di un appartamento alla periferia di Roma. A terra giace una donna incinta con un taglio sopra il pube. Del feto nessuna traccia e sulla parete una scritta enigmatica: “Rosso”. A interpellarlo è Marani, il capo dell’Unità Analisi Crimini Violenti, per indagare sull’“Escissore”, un serial killer edonista, crudele e geniale, con il vezzo di lasciare sulla scena del crimine degli indizi che, opportunamente decifrati, permettono di risalire all’identità della prossima vittima. Coadiuvato dalla profiler Doriana Guerrera, Dale analizzerà, come in una macabra caccia al tesoro, le tracce lasciate dall’assassino, ma quando tutto sembra aver fine avrà inizio il vero incubo, che lo porterà a scontrarsi con le sue paure più profonde e con un nuovo rompicapo all’apparenza insolubile… fino allo scoccare dell’ultimo rintocco.

Davanti ai nostri occhi si apre uno scenario… all’italiana! Un serial killer lascia scie di sangue; uccide donne incinte e ne porta via il feto. Perché? Abbiamo davanti uno scenario inquietante, ben descritto, molto dettagliato anche se i personaggi non sono granché approfonditi. Nonostante questo, sono lineari e viene mostrato un lavoro di “squadra”, una sorta di fiducia reciproca che li coinvolgente in un delitto da risolvere… sorprendente! L’autore ha una scrittura decisa, dinamica, è attento ad ogni indizio necessario per risolvere il caso. All’inizio, a tratti, mi è parso un po’ sconnesso ma andando avanti con la lettura si è delineato un quadro pieno di suspense. Tutto torna ed è questa la parte più bella di questo romanzo, il modo in cui i fatti vengono narrati! Un susseguirsi di eventi e informazioni tali da trasformarci noi stessi in investigatori: “Cosa succederà tra poco? Perché?”. Leggendo questo libro, pagina dopo pagina, non si può fare altro che porsi interrogativi e andare sempre più avanti, infatti, è una lettura agile. Un thriller italiano veramente bello e dallo scenario inquietante quanto basta per dire “wow, che bel thriller!”, pieno di colpi di scena. È una lettura piacevole, la consiglio per gli amanti del genere!

Vi lascio un piccolo estratto:

Prima parte

Capitolo 1

11 agosto

L’uomo in tuta bianca passò loro copriscarpe di plastica, una cuffia e dei guanti azzurri. Li indossarono in silenzio e con movimenti esperti. Era una procedura familiare che eseguivano, ormai, con il pilota automatico, come una liturgia, come la vestizione del prete prima della messa. L’uomo porse loro un barattolo verde. Richard v’infilò controvoglia indice e medio, estraendo una sostanza cerosa bianca che si passò sotto il naso. Odiava quel maledetto odore, odiava quella sensazione di dita attaccaticce e il bruciore che lasciava per giorni, ma era un prezzo che pagava quasi volentieri. Il fetore stagnante proveniente dall’interno l’aveva convinto a non fare troppo lo schizzinoso.

«Comincia la festa» fece all’indirizzo di Doriana.

Lei annuì. Fece segno all’uomo in tuta bianca di precederli. Oltrepassarono una porta in legno con un buco al centro coperto da un foglio di compensato. Una lampadina pendeva dal soffitto e illuminava un corridoio con l’intonaco scrostato a chiazze irregolari.

«La stanza è quella in fondo a destra» fece l’uomo con la tuta bianca. La voce attraverso la mascherina suonò falsa, metallica. Su un tavolinetto sulla sinistra, Richard vide due foto: nella prima una donna con in braccio un bambino di circa tre anni, lo sfondo leggermente sfocato, da cui s’intravedeva uno scivolo e un’altalena; l’altra ritraeva la stessa donna, quasi in primo piano, abbracciata a un uomo stempiato a cui mancava un incisivo; sorridevano, sembravano felici. I sorrisi, i figli, il cane. Lo aveva notato in diversi luoghi nei quali era stato per un omicidio: le persone ci tenevano a mostrare gli aspetti migliori della loro vita, come un esorcismo, come una barriera che tenesse lontano il male. Sarebbe stato bello, pensò. Purtroppo non era servito a niente. Oltrepassarono una cucina che si apriva sulla destra. Un tavolo bianco scheggiato in più punti e quattro sedie, una delle quali spaiata. Diverse macchie di umidità calavano dal tetto in corrispondenza dell’angolo più lontano; erano sul punto di ricongiungersi per attaccare la parte bassa del muro. Svoltarono a sinistra. La porta della stanza da letto. Il fetore, nonostante la canfora, si fece più intenso. Vennero investiti da un’aria pregna, che li avvolse come un sudario. Richard ebbe l’impressione che l’umidità fosse sul punto di condensarsi in tante piccole goccioline. L’uomo con la tuta bianca si scostò e, senza dire niente, ritornò indietro. Davanti, un ambiente quadrato tre per tre. Altri uomini in tuta bianca si muovevano in silenzio come in un rito pagano. Addossato alla parete di fronte vi era un letto con la testiera in ottone e sopra, appeso, un quadro che raffigurava la Madonna, i lineamenti del viso erano stati dipinti in maniera così approssimativa da farla sembrare un efebo. Uno degli uomini del team della scientifica si sporse sul letto, la macchina fotografica a pochi centimetri dal dipinto, per cogliere una scritta sulla superficie del vetro: “Rosso”. Degli schizzi di sangue tracciavano un solco immaginario che partiva da un lenzuolo candido, adagiato sul pavimento, di fronte al letto. Sotto, un corpo.

L’AUTORE

Diego Pitea ha 45 anni e vive a Reggio Calabria, nella punta dello Stivale. Ha iniziato a scrivere a causa di un giuramento, dopo un evento doloroso: la malattia di sua madre. Il tentativo è andato bene perché il suo primo romanzo Rebus per un delitto è risultato finalista al premio “Tedeschi” della Mondadori, affermazione ribadita due anni dopo con il secondo romanzo: Qualcuno mi uccida. È sposato con Monica – quella del libro – e ha tre figli meravigliosi: Nano, Mollusco e Belva.

Potete acquistare questo libro nelle varie librerie e store online.

 – Lilith Hendrix

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