Intervista alla scrittrice Stefania Meneghella

Ciao, benvenuta. Chi sei e cosa fai nella vita?

Ciao e grazie per l’ospitalità. Nella vita sono un’assistente sociale, e attualmente lavoro in una struttura residenziale socio-assistenziale. In più, lavoro come redattrice per il giornale MeteoWeek, nel quale mi occupo della sezione Spettacolo. La scrittura è la mia passione da sempre, e credo fortemente nel potere della parola, perché penso che sia il mezzo migliore per sconfiggere l’indifferenza. Sono diventata scrittrice e, ogni giorno, sono sempre più orgogliosa di quello che faccio. Scrivo per me, ma soprattutto per trasmettere i miei valori agli altri.

Quali sono i tuoi libri pubblicati?
“Magnete” è il mio terzo romanzo, ed è stato pubblicato da Ego Valeo Edizioni nel 2020. Il mio esordio letterario è però stato “Silenzi Messaggeri” scritto e pubblicato nell’anno 2016. Nel 2018, ho invece pubblicato “La linea gialla”, edita da L’Erudita Edizioni.

Puoi descriverli brevemente?
“Silenzi Messaggeri” è stato il mio primo romanzo, e credo che porterò sempre qualcosa di quella storia dentro di me. Si trattava di una storia di violenza domestica intrafamiliare, ma soprattutto di un legame epistolare tra Jamie e Schlomo. Lei è una scrittrice, lui un violinista. I due riescono a parlarsi grazie alle parole di lei a alle note di lui che, trasportate dal vento, riescono a raggiungere l’altro.
“La linea gialla” è invece ispirata ad una storia realmente accaduta durante una mia esperienza lavorativa in una comunità educativa minorile. Il protagonista è infatti Adham, un ragazzo inserito all’interno di una comunità dopo aver fatto un reato. Lui vuole scappare e andare in carcere, proprio perché quelle stanze gli stanno strette e la strada non vuole vederla più. L’ha distrutto, avvelenato, reso ancora più fragile. Al momento della fuga, gli si presenta dinnanzi alla porta una linea gialla, che rappresenta la linea di ogni stazione (se la si supera, si muore). Lui vuole morire, e per questo l’attraversa. Troverà però un mondo completamente diverso e surreale, che gli faranno comprendere il vero senso delle cose e la bellezza della vita.

Ho letto il tuo ultimo libro “Magnete”, una lettura singolare e originale. Come è nata l’idea?
L’idea di “Magnete” è nata dalla volontà di descrivere fino a che punto possa arrivare il cervello e il pensiero umano. Volevo parlare di un personaggio che non fosse solo e semplicemente una storia da raccontare, ma che restasse appunto nella memoria del lettore. Volevo parlare di un cervello diventato cattivo, manipolatorio, a tratti enigmatico, e descriverne il perché. Sofia è stata un esperimento soprattutto per me, ed io in primis l’ho scoperta man mano e durante la stesura del romanzo.

Il lockdown è stato un periodo strano e particolare, ciò che descrivi nel libro rappresenta la tua reale esperienza e le tue sensazioni? Come hai vissuto il lockdown?
Sì, in linea di massima quello che descrivo nel libro rappresenta ciò che ho provato durante il lungo periodo di lockdown. Spero però di essere riuscita a descrivere anche quello che hanno provato un po’ tutti: la paura del futuro, il desiderio di fuggire, il timore del contatto. Tutte sensazioni che non sono andate via nemmeno ora, ma che ci sono ancora durante questa duratura emergenza sanitaria.
Dai momenti negativi, a volte, vengono fuori anche attimi positivi. Per questo, il lockdown mi ha anche aiutato nella stesura del libro e mi ha dato l’ispirazione per creare il viaggio che Virginia fa dalla sua casa fino al cervello di Sofia. Ad un certo punto, ho infatti immaginato che lei stesse rinchiusa nel suo cervello, come noi lo eravamo nelle nostre case.

Se dovessi descrivere le protagoniste del tuo libro, Sofia e Virginia, quali termini useresti?
Sofia la descriverei senz’altro con il termine ‘magnetica’ (da qui viene appunto l’idea del titolo del libro), proprio perché la sua personalità attira a sé le persone più fragili, come fa una calamita. Virginia è invece ‘sognatrice’: sogna di riuscire ad avere un’amicizia vera e, per questo, crede a tutto quello che Sofia le dice. E’ lei il cuore più fragile e non può fare a meno di incollarsi alla sua amica, senza staccarsi mai.

Ho recensito il tuo libro e lo ho trovato inizialmente confusionario. Andando avanti con la lettura, però, il quadro si delinea mostrando il punto di incontro tra le vite di Sofia e Virginia. Cosa ne pensi? È stata una mia impressione, è stata una scelta voluta il voler separare le cose, oppure c’è qualcosa in più?
Sì, è stata una mia scelta voler separare le due persone e le due storie, proprio per dare un’idea precisa: adesso, Sofia e Virginia sono davvero due esseri separati e sono riuscite a staccarsi. Il libro inizia però a compiere un unione tra le due ragazze proprio quando Virginia si cimenta in un viaggio nel suo cervello. Lì capisce che, in qualche modo, c’è ancora una parte di Sofia dentro di lei, e che c’è ancora una sorta di incomprensione nei suoi confronti. Le due ragazze si uniscono soprattutto per comprendere: Virginia vuole capire i comportamenti di Sofia, ma quest’ultima vuole capire come mai Virginia non abbia ancora compreso la sua personalità pazza e burrascosa. Così inizia una sorta di percorso incrociato che porta entrambe ad un’empatia non voluta, ma necessaria per continuare la loro sopravvivenza.

Trovare un punto di incontro tra due vite è complicato ma, nonostante tutto, sei riuscita a rendere lineare la storia. Perché hai scelto Sofia e Virginia, cosa hanno di speciale (per te)?
Sono molto legata al personaggio di Sofia, proprio perché sono stata appunto io in primis ad averla conosciuta durante la stesura del libro. Continuavo a scrivere e volevo anche io capire: perché si comportava così? Ho scelto Sofia perché mi sembrava un personaggio che potesse restare, non solo nei ricordi del lettore, ma anche nei miei ricordi. Scrivere di lei non è stato semplice, e penso che sia proprio questa la cosa più speciale: il fatto che, per me, Sofia è viva e ancora oggi continua a raccontare storie e ad indossare maschere.
Virginia ha invece molto della mia personalità: sensibile, sognatrice, delicata, fragile. L’ho immaginata come una piuma che si posa ovunque, porta leggerezza nei cuori altrui anche se il suo è ancora molto pesante.
Virginia e Sofia sono due mondi distanti ma, dentro di me, sono un unico mondo. E non le cambierei con nessun’altro.

Pensi che i lettori, leggendo il tuo libro, possano in parte ritrovarsi nella narrazione?
Molti di coloro che hanno letto il mio libro mi hanno riferito di essersi ritrovati molto nella storia da me raccontata. Purtroppo è capitato a tante persone di vivere un’amicizia che ha vissuto Virginia. Avere un’amica manipolatoria, possessiva, difficile da gestire. Quindi penso che sia possibile ritrovarsi nella narrazione. Non so però se si abbia mai avuto la fortuna (o sfortuna) di incontrare una persona come Sofia, con quella personalità, con quel modo di vivere la cattiveria senza paura.

Quale messaggio vuoi trasmettere con il tuo libro?
Il valore principale che ho voluto trasmettere con “Magnete” è quello del non giudizio. Spesso ci risulta semplice giudicare chi ci ha fatto del male o chi semplicemente ha agito nella società con cattiveria. E’ complicato mettersi nei suoi panni, proprio perché è lui il ‘carnefice’ e noi siamo le ‘vittime’. Secondo me, è però molto importante cercare di entrare appunto nel cervello dell’altro e scoprire il suo vissuto, le storie che non ha avuto il coraggio di raccontare. Solo così, riusciremo a perdonare chi ci ha fatto del male e, di conseguenza, a vivere con serenità la nostra vita.

Hai in programma nuove opere per il futuro?
Sì, ci sono altre idee che mi piacerebbe concretizzare. Per il momento, sto promuovendo “Magnete” ma, ben presto, vorrei iniziare la stesura di una nuova opera.