Insonnia latente

Quando ascolto il silenzio e mi perdo nel buio più pallido e profondo, i miei sentimenti scrutano gli avvenimenti passati senza destare troppi sospetti per la mia anima.
Vorrei potermi perdere ancora una volta in quello che è stato ma penetrare questo mio cuore di pietra dura, arido e poco fertile è abbastanza complicato. Penso…
Mi rendo conto di non essere più all’altezza della vita e delle emozioni.
Forse fa troppo caldo per poter permettere al mio profondo io di fiorire?
Mi sento smarrita nella mia stessa vita e da nobile spettatrice dell’avvenire cos’è che posso fare, se non restare ad osservare la mia caduta interiore?
La siccità dell’anima è paradossale: permette di abbandonare alcuni pensieri che negli anni sono stati pesanti e persistenti ma, d’altro canto, lascia spazio a pensieri illusori e spenti, effimeri.
Che senso ha vivere se non si ha la percezione del gusto?
Potrei essere in grado di amare, senza però essere in grado di gustare ogni piccola goccia di benessere?
Il silenzio della città incita la mia psiche ad elaborare dati in serie, a correre veloce, consapevole che poi la frenesia del giorno non lascerà spazio a questo evento.
È notte fonda e i miei pensieri forse hanno fin troppo senso per essere ascoltati.
Arriverà il mattino, arriverà il nuovo giorno con un raggio di sole che mi porterà alla realtà ma per il momento il coinquilino esce di casa sbattendo il portone e il tonfo che ne deriva muove i miei meccanismi verso nuovi orizzonti neutralizzando il malessere: svegliati bambina, ormai sei grande! Devi andare a lavorare anche tu!

– Lilith Hendrix